venerdì 11 agosto 2017

Lussazine della spalla


Cos'è una lussazione

Con il termine lussazione si indica la perdita completi dei rapporti tra i capi articolari. La rottura, almeno parziale della capsula e dei legamenti che stabilizzano l'articolazione, in seguito a una sollecitazione agente su di essa, sono i fattori richiesti per rendere possibile lo slittamento a livello cartilagineo delle due estremità ossee.
A tali fattori possono anche associarsi lesioni della cartilagine articolare, delle ossa, dei vasi sanguigni, della cute e dei nervi.
Una lussazione può essere:
  • Completa; si ha una netta separazione tra le due superfici articolari.
  • Incompleta; i capi ossei rimangono parzialmente in contatto tra loro.
In entrambi i casi, un intervento esterno si rende d'obbligo per riportare in sede le due superfici articolari.

Lussazione della spalla

Si parla di lussazione della spalla quando i meccanismi di protezione della spalla non riescono a impedire la fuoriuscita della testa dell'omero dalla sua sede senza ritornarci spontaneamente, solitamente questo avviene in caso di una forte contusione.
La perdita dei rapporti articolari della spalla è più frequente rispetto alle altre articolazioni e, spesso, non è un evento isolato ma tenderà a ripetersi nel tempo portando a una situazione di instabilità della spalla.

Articolazione scapolo-omerale della spalla


La complessità della spalla è data dalla presenza, al suo interno, di ben 5 articolazioni. L'articolazione più importante è quella scapolo-omerale; le sue caratteristiche comprendono una marcata sproporzione tra le dimensioni dei capi articolari che mette in contatto: una cavità glenoidea con una superficie quasi piatta e una testa omerale delle dimensioni circa 3 volte maggiori rispetto alla cavità glenoidea.
Questa sproporzione consente un'ampia mobilità nello spazio della spalla ma porta ad essere soggetta a un'instabilità intrinseca.
Quando la spalla viene sottoposta a delle sollecitazioni entrano in gioco diversi meccanismi per mantenere i corretti i rapporti scapolo-omerali.
Le sollecitazioni minime vengono contrastate da meccanismi passivi, come il fenomeno di adesione-coesione intra-articolare e la pressione articolare negativa. L'effetto della forza di gravità sull'arto è un esempio delle sollecitazioni minime a cui è sottoposta costantemente la spalla.
In caso di forze dislocanti di maggiore intensità, la testa omerale viene mantenuta in posizione sulla glenoide grazie all'azione dinamica dei muscoli della cuffia dei rotori.
Infine, per stress massimali, quindi nei casi di violente sollecitazioni, come ad esempio nelle cadute, la resistenza a queste forze proviene dall'apparato capsulo-legamentoso.

Spalla lussata - Classificazione e quadri anatomo – clinici



Le tipologie di lussazione della spalla che possiamo incontrare sono: anteriore, inferiore o posteriore, classificazione che viene fatta in base alla direzione di uscita della testa omerale dalla cavità glenoidea.
  • Lussazione anteriore della spalla: la dislocazione della testa omerale avviene successivamente a una sollecitazione in abduzione, rotazione esterna e estensione di grado variabile, al di sotto della coracoide; è di gran lunga la tipologia più frequente (95% dei casi) e colpisce soprattutto i giovani e le persone attive.
    E' caratterizzata da dolore e deficit funzionali dell'arto non che da alterazioni nel profilo anatomico tra cui l'appiattimento della regione deltoidea e la prominenza dell'acromion.

  • Lussazione inferiore della spalla: (sottoglenoidea) simile alla lussazione anteriore, ma in questo caso, è presente una una maggiore spinta della testa omerale in senso inferiore.

  • Lussazione posteriore della spalla: la lussazione posteriore è spesso associata a fratture da compressione, soprattutto se conseguente a traumi di elevata intesità.
    In questo caso, la testa omerale viene forzata in direzione posteriore, con la spalla che risulta atteggiata in flessione e adduzione.

Cosa fare in caso di lussazione alla spalla?

Per prima cosa è fondamentale recarsi in pronto soccorso e evitare qualsiasi tipo di "fai da te". Tentare di ridurre la lussazione da soli, oltre che doloroso, può provocare danni maggiori, soprattutto se c'è una concomitante presenza di fratture.
In pronto soccorso la lussazione della spalla verrà ridotta utilizzando la tecnica corretta in base alla situazione e potrà anche essere somministrata un'anestesia che, oltre a ridurre il dolore, agirà sui muscoli rilassandoli e permettendo così una manovra di riduzione meno traumatica.

Spalla lussata – cause


La lussazione della spalla è una patologia che interessa molto gli sportivi e in particolare i soggetti che praticano sport di contatto come la lotta o il basket.
Statisticamente i soggetti più colpiti sono di sesso maschile con un rapporto di 9:1 e l'incidenza è maggiore nei giovani rispetto agli anziani. Risulta altresì maggiore anche il tasso di recidività nei giovani rispetto agli anziani.
Tra le cause di lussazione della spalla troviamo:
  • Traumi a bassa energia; come le cadute acccidentali
  • Traumi ad alta energia; come gli incidenti motociclistici
Le forze che agiscono successivamente a impatti su porzioni distali dell'arto superiore si propagano all'articolazione e, tramite un'effetto leva, forzano la testa omerale verso l'estero, superando le resistenze capsulo-legamentose.


Lussazione spalla – sintomi

La sintomatologia è caratterizzata da un fortissimo dolore e da deficit funzionale.
I sintomi di specifici che possiamo riscontrare in una lussazione della spalla sono:
  • Profilo anatomico alterato
  • Presenza di gonfiore o arrossamento (contusione)
  • Presenza di dolore intenso, evocabile anche con la palpazione della sede di lesione
  • Incapacità pressoché completa a eseguire movimenti attivi e passivi
  • Può anche essere presente intorpidimento, debolezza o formicolio vicino alla ferita.

Solitamente, in caso di dislocazioni anteriori, il paziente cerca di ridurre il dolore mantenendo il braccio ferito leggermente lontano dal corpo e sostenendone il peso mediante l'altra mano. Spesso, la spalla appare squadrata dal momento che la testa omerale spostata al di fuori della sua sede.

Spalla lussata - Diagnosi



La diagnosi di lussazione spesso è piuttosto immediata, questo perché il danno articolare è visibile ad occhio nudo o comunque è palpabile. Tuttavia, per avere un quadro clinico completo, si richiedono necessarie, prima del riposizionamento, delle indagini diagnostiche come le radiografie e la risonanza magnetica. Tali esami sono in grado di evidenziare eventuali complicanze (fratture ossee, lesioni di vasi, nervi ecc.). L'esame radiografico andrà poi ripetuto dopo l'intervento di riposizionamento per verificare l'allineamento articolare.

Spalla lussazione anteriore - diagnosi
Alla palpazione, l'estremità prossimale dell'omero può essere apprezzata in sede mediale, soprattutto eseguendo una cauta mobilizzazione. L'esame radiografico è utile per confermare la diagnosi e verificare la presenza di fratture associate. L'approfondimento delle lesioni scheletriche è possibile tramite una TC della spalla. L'artro TC della spalla è un esame diagnostico che consente, utilizzando un mezzo di contrasto iniettato all’interno dell’articolazione in esame, di ottenere immagini sui tre piani dello spazio dell'articolazione stessa.

Spalla lussazione posteriore - diagnosi
Per la diagnosi risulta fondamentale andare a ricercare un eventuale blocco della rotazione della spalla, il quale, è un evidenza della lussazione posteriore e non si associa ad altre tipologie di lussazione o fratture.
La radiografia va eseguita con particolare attenzione perché la lussazione posteriore della spalla risulta facilmente riconoscibile solo tramite una visione ascellare e/o laterale della scapola.


Spalla lussata - Complicanze

Tra le complicanze di una lussazione della spalla abbiamo la rottura della cuffia dei rotori e le lesioni neuro-vascolari.

Rottura della cuffia dei rotori
La rottura della cuffia dei rotori è spesso concomitante a un indebolimento su base degenerativa dei tendini, per questo interessa soprattutto i soggetti oltre i 40 anni d'età. Una lussazione può portare all'aggravamento di una rottura della cuffia dei rotori preesistente.
Lesioni neuro–vascolari 
Eventuali danni al nervo ascellare vanno ricercati tramite la valutazione dell'attività contrattile del muscolo deltoide e della sensibilità cutanea nella zona sovrastante. Nella maggioranza dei casi, la paralisi post-traumatica del nervo ascellare è transitoria, la ripresa della normale attività neuro-muscolare deve essere verificata mediante l'esecuzione esami elettromiografici.
Il nervo radiale e quello muscolo-cutaneo vengono lesionati con minore frequenza rispetto al nervo ascellare.
In alcuni casi si può verificare una lesione dell'arteria circonflessa anteriore e potrebbe essere richiesto un trattamento chirurgico d'urgenza per tamponare la conseguente emorragia.

Trascurare una lussazione alla spalla può condurre a fenomeni degenerativi della cartilagine articolare o compromettere la funzionalità della spalla con deficit di forza e alterazioni della sensibilità.

Spalla lussata - Terapie e tempi di recupero

In alcuni casi si può avere una spontanea riduzione della lussazione della spalla, negli altri casi si rendono necessarie delle manovre per ripristinare i normali rapporti articolari; queste manovre possono essere tentate a paziente sveglio, ma sono praticate in modo più agevole e meno traumatico dopo la sedazione. 
La riduzione può essere realizzata con la trazione dell'arto, la rotazione della spalla e la spinta diretta sulla testa omerale, praticate e combinate in modo diverso a seconda dei casi.
Una volta ridotta, la spalla deve essere immobilizzata per un periodo di tempo variabile in relazione al numero di lussazioni pregresse e all'età del paziente. Nel caso di primo episodio traumatico in soggetto giovane, è preferibile protrarre la tutela dell'arto superiore per 3 settimane al fine di favorire la guarigione delle strutture capsulo-legamentose lesionate. Il periodo di immobilizzazione può essere ridotto in caso di lussazioni recidive e deve essere comunque ridotto nei pazienti oltre i 50 anni per evitare l'insorgenza di rigidità articolari di difficile risoluzione. Successivamente sarà necessario un programma di riabilitazione composto da due fasi comprendenti la mobilizzazione e il potenziamento muscolare per il recupero di una normale funzionalità della spalla.
RIABILITAZIONE
La riabilitazione per la lussazione della spalla comprende:
una prima fase dedicata al recupero della funzione e del movimento della spalla che avviene lavorando tramite la fisioterapia assistita
Una seconda fase in cui si andrà a lavorare e rinforzare i muscoli attraverso l'esercizio fisico e non.

Lussazione della spalla – esercizi

La fisioterapia e gli esercizi specifici per la spalla sono fondamentali per il recupero della forza e della funzione ma anche per evitare che, tenendo il braccio inattivo per un lungo periodo, si instaurino situazioni di rigidità e atrofia della spalla.
Gli esercizi assumono rilevanza anche in ottica di evitare eventuali recividità.
Il rinforzo non deve, comunque, trascurare altri muscoli che fanno parte del braccio, come il bicipite, il tricipite e il deltoide.
Tra gli esercizi specifici consigliati troviamo gli esercizi di rotazione interna e esterna mediante elastici. Risultano utili anche: le flessioni e le estensioni del braccio disteso, utilizzando strumenti come pesi o la cavigliera.


Spalla lussata - INTERVENTO CHIRURGICO


In caso di frequenti episodi lussativi si dovrà ricorrere all'intervento chirurgico per evitare il danneggiamento delle strutture anatomiche.
Un esempio di intervento per stabilizzare la spalla prevede dei fori nella pelle e l'impiego di telecamere e strumenti miniaturizzati che consentono di riattaccare i legamenti allentati o strappati dell'articolazione della spalla. L'utilizzo di impianti chiamati mini-ancore, che con il passare del tempo verranno riassorbiti senza lasciare tracce, permette di riposizionare e tenere in posizione le articolazioni danneggiate.
La durata dell'intervento chirurgico di stabilizzazione artroscopica della spalla lussata generalmente dura 1-2 ore.
Successivamente all'intervento di richiede che la spalla e il braccio rimangano immobili per un periodo di tempo. L'immobilizzazione della spalla si otterrà utilizzando dei tutori specifici per la spalla permettendo di proteggere la zona operata e diminuire le probabilità di recidività dell'infortunio.
 I tutori Tutori terapeutici e post operatori per la spalla lussata ricoprono un ruolo terapeutico primario e vengono utilizzati in caso di eventi traumatici della spalla di una certa potenza e che hanno determinato lesioni ossee, muscolari e nervose.

La percentuale di successo dell'intervento su una lussazione della spalla è molto alta con il 95% dei pazienti che riprende le normali attività quotidiane senza più subire nuove lussazioni.

Generalmente per li recupero dopo l'operazione alla spalla sono necessari tra i 45 ed i 180 giorni mentre già dopo 2-4 settimane è possibile iniziare il trattamento conservativo con attività fisiche leggere.

 Lussazione della spalla - prevenzione

Per aiutare a prevenire una recidiva lussazione alla spalla è consigliabile:
  • Eseguire specifici esercizi di rinforzo e stabilità che indica il fisioterapista.
  • Fare attenzione alle cadute e, in caso di sport di contatto o attività lavorative a rischio, indossare le adeguate protezioni.

lunedì 20 marzo 2017

Spina calcaneare


Cos'è

Sperone calcaneare o spina calcaneare sono termini impiegati quando è presente una particolare problematica del piede, in pratica la crescita anomala a forma di uncino del tessuto osseo nella zona del calcagno e questa problematica può insorgere quando si soffre di fascite plantare causando dolore forte quando il calcagno viene messo sotto pressione sia camminando che restando in piedi.
Possibili complicazioni


Lo sperone calcaneare non deve assolutamente essere trascurato perché in certi casi può causare una borsite ed è bene per questo informare il proprio ortopedico di fiducia per tempo.

Cause

Identificare una causa precisa tra tutte le possibili cause che possono portare al generarsi dello sperone calcaneare è molto difficile, ma si può risolvere facendo presente che lo sperone calcanerare può essere causato da:
problemi posturali
lavori pesanti e nei quali si mantiene sempre la stessa posizione
sport come il basket la corsa
sovrappeso
genetica

Sintomi

Ovviamente il sintomo principale quando si parla di sperone calcaneare purtroppo è il dolore, dolore che coinvolge la zona del tallone nel maturale momento di carico che scaturisce camminando oppure stanto eretti nella stessa posizione per un tot di tempo.

Diagnosi

La diagnosi avviene dopo un accurato esame radiografico, spesso unito ad una ecografia dei tessuti della zona circostante.

Cure

Le cure non invasive contro questo fenomeno negativo sono semplici, si inizia dagli esercizi correttivi, protesi, l'utilizzo di scarpe comodissime cercando il più possibile di limitare la pressione diretta sulla zona interessata e per ultimo il ghiaccio a fine serata per tenere sotto controllo il tutto.

Però se questo non bastasse si dovrà intervenire chirurgicamente, operazione che quasi sempre da esisti positivi.

Prevenzione


Il consiglio in questo caso in questo caso è molto semplice e consiste nel suggerire una visita periodica dall'ortopedico ai soggetti più predisposti indicati nelle possibili cause dello sperone calcaneare.

Fascite

 Fascite plantare

giovedì 9 marzo 2017

Acido lattico nelle attività fisiche

Tra i più grandi problemi che le persone fronteggiano quando praticano attività fisica è la presenza di dolori e fastidi muscolari causati dall'incremento dell'acido lattico nel sangue.
Spesso chi si iscrive nelle palestre, anche se ha le migliori motivazioni, dopo i primi allenamenti abbandona tutti i progetti perché non riesce a fronteggiare la sensazione di affaticamento e stanchezza muscolare e il dolore che compare spesso alla mattina e ci accompagna nei giorni seguenti,

La causa di questi problemi è dovuta all'acido lattico e ora vedremo più nel dettaglio di cosa si parla e come può avvenire la gestione di questi problemi.

Acido lattico cos'è


L'acido lattico viene prodotto dal corpo dopo un allenamento di tipo anaerobico;

Quando quest'acido è presente nel sangue, la conseguenza è la sensazione di dolore e affaticamento muscolare.

Le difese contro quest'acido sono dipendenti dal cuore e dal fegato, il meccanismo protettivo instaurato dal fegato è quello di convertirlo in glucosio, mentre il cuore cerca di metabolizzarlo per uno scopo energetico.

Quando ne il cuore e ne il fegato riescono a sopperire alla metabolizzazione perché lo sforzo fisico è troppo elevato e ha superato determinate soglie,  la presenza nei flussi ematici finisce con l'aumentare aumentando in maniera proporzionale la necessità di ossigenazione dei tessuti la quale provocherà, a sua volta e a lungo andare, un rallentamento altrettanto progressivo della contrazione muscolare che infine, giunto il muscolo al suo limite massimo di sopportazione, darà origine a un "crampo" che è il segno che ci viene inviato da corpo per suggerirci che stiamo esagerando e non riesce più a metabolizzare l'acido lattico che si sta accumulando,


Struttura di un allenamento anti acido lattico

Per evitare l'accumulo di acido lattico, l'unica valida soluzione, è quella di abituare gradualmente il corpo agli sforzi necessari durante gli esercizi, per questo il primo consiglio da mettere in pratica è quello di non strafare e aumentare gradatamente

Soprattutto se venite da un lungo periodo di sedentarietà, la cosa migliore da fare è organizzarsi in un programma di allenamenti graduale che vi faccia arrivare all'obiettivo che vi siete prefissi con le giuste tempistiche.

Il programma dev'essere strutturato settimanalmente e prevedere degli allenamenti quotidiani ma che non contengano sforzi troppo violenti e con una durata limitati, idealmente di circa 20 minuti che aumenteranno progressivamente man mano che la vostra forma fisica migliorerà.

Dopo circa 10 giorni dall'inizio dell'allenamento quotidiano potete provare ad aumentare di 5 minuti la durata dell'allenamento, fino ad arrivare ad una durata di 50 minuti circa.

A questo punto potete iniziare ad aumentare l'intensità dello sforzo, ma sempre lentamente ed in maniera progressiva, in questo modo abituerete il vostro organismo senza strappi o forzature di alcun tipo e limiterete al minimo l'accumulo di acido lattico e tutti i fastidi che ne derivano.

martedì 7 marzo 2017

Obesità e dolore ai piedi

Introduzione
L'obesità è una condizione caratterizzata da un accumulo eccessivo di grasso corporeo definito, dall'Organizzazione mondiale della sanità  (OMS) attraverso un indice biometrico, l'indice di massa corporea (BMI) che tiene conto del peso del soggetto rapportato con la sua altezza. Si considera obeso il soggetto con BMI maggiore a 30 kg/m2, mentre si definisce in sovrappeso il soggetto con BMI compreso tra 25 e 30 kg/m2.
E' una patologia tipica della "società de benessere" e, purtroppo, è in costante aumento nei Paesi Occidentali a causa di abitudini alimentari scorrette, quali il consumo di cibi altamente energetici, e nello stile di vita sedentario. L'obesità è la prima causa di morte prevenibile in tutto il mondo, a causa delle ripercussioni negative soprattutto sul sistema cardiovascolare (cardiopatia, aterosclerosi, ictus, dislipidemia).
E' facilmente intuibile come un peso corporeo eccessivo si ripercuota negativamente sull'apparato locomotore: le strutture osse e muscolo-tendinee dovranno compiere del lavoro aggiuntivo per lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana.
Per quanto riguarda, in particolar modo, il dolore al piede, molteplici studi scientifici hanno messo in evidenza come l'eccesso di peso corporeo sia associato a un aumento dell'incidenza di dolore plantare e altri disturbi aspecifici del piede. Gli adulti obesi sono circa 3 volte più colpiti da tali disturbi rispetto ai soggetti normopeso.

Principali patologie riscontrate nei piedi riconducibili al problema dell'obesità
L'obesità e il sovrappeso possono influenzare le funzionalità del piede, portando alla diminuzione della forza muscolare e a patologie come i così detti piedi piatti oltre che a dolori a livello anteriore, medio e posteriore del piede, vediamo le principali patologie che vengono riscontrate.

dolore al tallone fascite plantare
Sono varie le possibili patologie legate al dolore sotto il piede causate dall'essere sovrappeso, la più comune è prende il nome di fascite plantare. La fascite plantare è un'infiammazione della fascia plantare, una robusta fascia fibrosa che collega la zona mediale del calcagno con la radice delle dita del piede. Nel 70% dei casi, le persone che riscontrano questa patologia presentano la caratteristica di essere obese o in sovrappeso. La motivazione va riscontrata nella maggior pressione che viene esercitata sui legamenti della fascia plantare, i rischi sono ancora maggiori in caso di improvviso aumento di peso, infatti le donne in gravidanza spesso sperimentano attacchi di fascite plantare.
Quando la fascite plantare si manifesta, il dolore è tipicamente acuto, è spesso maggiore la mattina, appena si scende dal letto, oppure fa la sua comparsa dopo momenti di inattività come stare seduti o sdraiati per un po' di tempo. Il sintomo principale è il dolore, principalmente localizzato nella parte interna del tallone ma che può estendersi alla parte centrale del piede e all'avampiede fino a interessare l'intera pianta del piede Chi soffre di dolore al tallone incontra difficoltà a rimanere attivo e compiere le attività di tutti i giorni.
generalmente un caso di fascite plantare si risolve con il tempo e con metodi terapeutici che prevedono l'applicazione di ghiaccio per 15 a 20 minuti, tre o quattro volte al giorno per ridurre il gonfiore, riposo, esercizi di stretching e riduzione dei peso per le persone in sovrappeso. Si possono utilizzare dei plantari speciali per le scarpe che contribuiscono ad alleviare il dolore distribuendo la pressione sulla pianta del piede e prevengono ulteriori danni alla fascia plantare.
Se rimedi più comuni non funzionano, allora è il caso di sentire uno specialista per avere una diagnosi accurata, valuterà la causa della fascite e guiderà il paziente verso una cura appropriata. E' importante non Ignorare o sottovalutare il dolore, se non curata questa patologia può portare a danni al piede e complicazioni.

piede gonfio
il problema dei piedi gonfi è spesso molto fastidioso, le cause possono essere molte e generalmente si dividono in due tipi.
Cause di tipo traumatico come incidenti o infortuni e condizioni di carattere patologico come ad esempio problemi vascolari o problemi metabolici.
I tessuti adiposi sono le in cui avviene il maggior accumulo di liquidi, solitamente essi contengono una piccola quantità di acqua, ma nel caso di soggetti affetti da problemi di ritenzione idrica tale quantità può aumentare in modo considerevole.
La patologia dei piedi gonfi può provocare disturbi come difficoltà di indossare le scarpe, fastidio e anche difficoltà motorie e può interessare sia un singolo piede che entrambi contemporaneamente.
Se entrambi i piedi sono gonfi nello stesso modo, spesso il problema scatenante è di carattere generale
Tra le cause originanti il gonfiore troviamo l'obesità perché spesso porta a problemi circolatori che aumentano il rischio di accumulo di liquidi alle estremità, rischio che spesso è anche aggravato dal fatto che chi è in sovrappeso spesso non svolge regolarmente attività fisica.
Altra causa scatenante è anche tenere un regime alimentare eccessivamente ricco di sale, il sodio in eccesso nel corpo può infatti portare all'aumento della ritenzione idrica.
Per capire la reale cause del gonfiore ai piedi è sempre opportuno consultare il proprio medico in modo da poter inquadrare con precisione il problema.
Alcune utili forme di prevenzione e risoluzione del problema prevedono l'utilizzo di calzature comode, la regolare attività fisica ma , soprattutto, adottare uno stile di vita adeguato.
Ci sono delle strategie che è possibile attuare, indossare calzature comode , cercare di muoversi di più, e soprattutto adottare un buon stile di vita  sono degli accorgimenti che aiuteranno a risolvere o minimizzare il problema dei piedi gonfi.

piede piatto
la presenza di un arco plantare della giusta altezza garantisce una distribuzione del peso del corpo, sul piede, corretta, e una migliore efficacia nella camminata.
Il piede piatto è una conformazione del piede caratterizzata dall'appiattimento della volta plantare che è la parte della superficie plantare del piede che, normalmente non tocca il terreno quando si è in posizione eretta
Di conseguenza, chi soffre di questa alterazione anatomica possiede piedi la cui parte centrale interna appoggia del tutto, o quasi, al suolo.
La patologia dei piedi piatti può alterare l'allineamento delle gambe e di conseguenza contribuire allo sviluppo di problemi a caviglie e ginocchia.
Nei bambini, la presenza del piede piatto è normale e solitamente regredisce con il tempo, in alcuni casi però può permanere anche in età adulta.
In altri casi, alcuni fattori possono portare allo sviluppo del piede piatto anche in età adulta e uno di questi fattori che possono influire è l'obesità

Spesso questa conformazione del piede non da alcun sintomo ma in altri casi può esserci dolore, in particolare nella zona del tallone o della volta plantare e gonfiore nella parte interna della caviglia.

Se non si può fare niente riguardo alcuni fattori di rischio come l'invecchiamento, al contrario, evitare condizioni come il sovrappeso e l'obesità possono aiutare a prevenire lo sviluppo del piede piatto in età adulta.
Conviene consultare un medico in particolar modo quando:
I piedi o una qualsiasi altra parte dell'arto inferiore sono dolenti
Le calzature indossate si consumano molto velocemente sul margine interno del piede
I piedi mancano completamente dell'arco plantare e l'intera pianta appoggia per terra;
I piedi sono deboli, rigidi o insensibili.

Per quanto riguarda la diagnosi del piede piatto, sono spesso sufficienti l'esame obiettivo e l'anamnesi. Il medico osserverà la struttura dei piedi e farà effettuare alcuni movimenti per esaminarne la meccanica e successivamente, soprattutto in presenza di dolore, potrebbe richiedere lo svolgimento di alcuni esami di imaging che possono comprendere radiografie, TAC, ecografie o risonanza magnetica.

Il trattamento dipende dalla severità della sintomatologia: per i casi meno gravi, può bastare una terapia conservativa che prevede l'utilizzo di scarpe ortopediche o plantari, esercizi di stretching, esercizio di fisioterapia e un programma dietetico per la riduzione del peso corporeo.
Nei casi più gravi, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico.
L'obesità o comunque l'essere sovrappeso possono causare fratture da stress in persone che stanno molto tempo in piedi, in questo caso, le piccole crepe che si formano nelle ossa portano dolore nella zona del tallone.

domenica 5 marzo 2017

Tendopatia calcifica della spalla

La tendopatia della spalla


La tendopatia calcifica della spalla è una malattia le cui caratteristiche sono l'esistenza di depositi calcifici all'interno del tessuto tendineo.

Questa patologia si verifica principalmente per 2 cause:

Tramite un processo che si chiama metaplasia le cellule tendinee si trasformano in cellule produttrici di calcio.
La seconda è che il tessuto tendineo a causa principalmente dell'invecchiamento e dell'usura degenera e con il tempo calcifica.

Mentre nel primo caso il deposito si va a trovare all'interno del tendine mentre nel secondo va a trovarsi nell'intersezione del tendine sull'omero.


Frequenza tendinopatia spalla


Statisticamente si trovano presenti nel 20% dei casi di pazienti con rottura della cuffia dei rotatori mentre nel 33% dei casi in cui il paziente ha un acronimion di forma uncinata.

L'età è importante, infatti è molto più frequente nei giovani adulti principalmente di sesso femminile che eseguono attività fisiche manuali e domestiche. Le donne vengono più colpite statisticamente rispetto agli uomini soprattutto nel lato destro del corpo che è il più utilizzato.

Sintomatologia tendinite spalla
Ci sono tre stadi su cui si evolve la patologia: uno acuto, uno sub-acuto e uno cronico.

Generalmente sono gli spasmi muscolari o eventualmente una rigidità alla spalla che causano il dolore acuto della tendinite alla spalla; questo dolore potrebbe essere maggiore durante la notte e diventa più acuto sollevando il braccio. Si può riscontrare una mobilità minore.

Cicli


Esistono vari cicli per la tendinopatia calcifica della spalla e ad ognuno viene abbinato un quadro clinico differente. La durata di ogni fase però non è molto chiara.

Diagnosi


La diagnosi avviane tramite radiografie che servono per localizzare esattamente la posizione della calcificazione e anche successivamente valutare in quale delle fasi si trova. Anche l'ecografia può essere utilizzata.

Trattamenti tendinopatia spalla


Il trattamento è generalmente di tipo conservativo riservando la chirurgia solamente ai casi particolarmente ostici.
Il trattamento consiste soprattutto nel riposo per un periodo sufficiente e all'applicazione di terapie mediche fisioterapiche. Tramite la kinesiterapia viene potenziata la muscolatura attraverso l'utilizzo di elastici.





Rottura della cuffia dei rotori


La caratterizzazione è data da una perdita della continuità dei tendini della cuffia dei rotori:

Si ha una distinzione tra rotture di tipo complete o parziali; Le prime sono classificate in piccole, medie e massive se hanno un diametro di oltre 5 cm. nel caso di rotture parziali si hanno in considerazione della sede della rottura in inferiori, superiori ed intraparenchimali




Nelle lesioni parziali il trattamento iniziale è conservativo, anche in questo caso è basato sul riposo per almeno tre mesi, sulla fisioterapia e soprattutto sulla kinesiterapia,

Nelle lesioni complete il trattamento è esclusivamente di tipo chirurgico, eseguito sia per via artrotomica che per via artroscopica. Quest’ultimo tipo di intervento se correttamente eseguito dà garanzie totali, rispetto dell’anatomia e tempi di recupero più brevi.



Patologia del labbro glenoideo superiore.


Questa è una patologia che interessa sempre la spalla e che coinvolge in vari tipi di gradi le strutture del complesso capsulare gleno-omerale.

Questa lesione va a interessare la parte superiore del labbro glenoideo.

La lesione generalmente deriva da un sovraccarico funzionale causato da ripetizioni eccessive con carichi troppo elevati,

sabato 4 marzo 2017

terapia onde d'urto


terapia onde d'urto


Onde d'urto terapia

Le onde d'urto sono delle onde acustiche e possono essere trovate nella vita quotidiana senza essere notate, esse sono utili perché permettono di trasferire energia anche a lunghe distanze.
Le onde d’urto sono onde acustiche che accompagnano la nostra vita quotidiana senza essere notate.

Le onde utilizzate in medicina, in alcune terapie , sono anch'esse onde acustiche ma devono rispettare determinate caratteristiche stabilite a livello internazionale (D.I.G.E.S.T).

Da un punto di vista fisico, le onde acustiche utilizzate sono tipi di onde impulsive, caratterizzate cioè da un fronte di salita rapidissimo (circa 10 miliardesimi di secondo) e di discesa quasi altrettanto veloce (tra 2 e 5 milionesimi di secondo), andando così a creare un impulso o spike.

Generate in un mezzo acquoso e convogliate su un punto definito, detto "fuoco" (o bersaglio), esse trasmettono una quantità di energia dosabile, in grado di sortire precisi effetti terapeutici.

Inizialmente le onde d'urto vennero usate in applicazioni di Urologia, nello specifico per la frantumazione dei calcoli renali, riscontrando effetti paragonabili a quelli di un intervento chirurgio ma con il vantaggio di non essere invasiva.

Successivamente, grazie ad alcune osservazioni fatte sui pazienti trattati per i calcoli renali, si notò come la stimolazione con onde d'urto fosse in grado di favorire una rapida riparazione in concomitanza delle fratture e successivamente gli effetti positivi anche sui tendini e le strutture affini portando così l'utilizzo delle onde anche nell'ambito ortopedico e fisiatrico.


Come agiscono

Le onde d'urto agiscono in modi differenti a seconda della struttura su cui vengono applicate;
Le strutture come i calcoli renali, che sono concrezioni calcifiche molto dure,  quando vengono investite dalla forza meccanica dell'onda d'urto, si frantumano e si sgretolano per essere poi espulsi come frammenti.

I tessuti viventi, invece, quando vengono attraversati dall’onda d’urto anche in questo caso, utilizzando livelli di energia adeguati in base al tipo di trattamento desiderato, non si frantumano come i calcoli renali, né subiscono lesioni, bensì subiscono una sorta di massaggio a beneficio dell'effetto dell’effetto terapeutico desiderato.

Anche in caso di formazioni calcifiche all'interno di tendini e legamenti infiammati, risultano efficaci innestando un meccanismo che porta alla loro scomparsa grazie all'attivazione di processi biochimici locali.


Onde d'urto fanno male 

Per il paziente, in alcune situazioni le onde d'urto fanno male, quando l'onda d'urto viene applicata sulla zona da trattare, può andare a la zona superficiale dell'osso
Essendo questa porzione d'osso molto sensibile alla stimolazione pressoria per via della presenza
di numerosi ricettori, è in evitabile che venga sollecitata quando si va a trattare una sofferenza tendinea molto prossima ai capi ossei.
Il dolore provocato è proporzionale al numero di ricettori che vengono stimolati dall'onda e quindi dall'ampiezza della zona trattata ma anche dalla quantità di energia somministrata.
Solitamente questo dolore è comunque sopportabile anche se fastidioso e raramente si ricorre all'anestesia locale.

Nei casi in cui si va a trattare l'osso, non si può evitare di colpire la zona corticale e in questi casi si usa anche un'intensità elevata; in questi casi il dolore è importante e si può ricorrere a una blanda forma di anestesia con sedazione del paziente.


L'importanza di una diagnosi corretta


E’ importante che la terapia con onde d’urto sia parte di un processo terapeutico più ampio che valuti l’aspetto patologico nell’insieme della condizione  del soggetto, così che, integrata con altri interventi, risolva il fenomeno infiammatorio e intervenga anche sulle cause originarie.
La terapia con onde d’urto provoca una risposta da parte dei tessuti sofferenti in modo tale da stimolare i tessuti stessi ad auto-ripararsi attraverso fenomeni di riduzione degli aspetti ossidativi e infiammatori, la  neoangiogenesi locale e la stimolazione dell’attività biologica delle cellule coinvolte nella patologia.
Non va però dimenticato che la terapia agisce sulla situazione finale della patologia, non agisce sulle cause originarie che hanno portato ad instaurarsi la sofferenza, ad esempio spesso la tendinite calcifica di spalla è legata ad una sfavorevole conformazione posturale e muscolare del tronco e del cingolo scapolo-omerale.
Quindi se non si curano anche le situazioni  che  sono la vera causa di una patologia è molto probabile che la sofferenza si ripresenti. Per questo le onde d’urto vanno accompagnate da un’attenta valutazione clinica e da un concomitante trattamento riabilitativo.


Chi può eseguire questi trattamenti


Le persone che hanno i requisiti necessari sono i medici specialisti in fisiatria, ortopedia, medicina dello sport e reumatologia perché sostituiscono l'intervento chirurgico.
I fisioterapisti possono utilizzare solo ila tipologia di onde le onde radiali che non hanno funzione di rottura delle calcificazioni.


Dopo quanto hanno effetto

Gli effetti non sono immediati ma necessitano di tempo per svolgere la loro azione terapeutica, questo perché agiscono a livello di reazioni biologiche complesse e possono essere necessarie anche  diverse settimane.


In conclusione

Nel caso ci sia una corretta diagnosi, la terapia ad onde d'urto risulta particolarmente utile per
- ridurre o sostituire il ricorso ai trattamenti chirurgici,
-per ridurre l'uso dei farmaci
perché hanno effetti collaterali relativamente assenti
per velocizzare i processi di guarigione
per il numero ridotto di applicazioni necessarie

Controindicazioni


Le controindicazioni sono piuttosto ridotte, le uniche sono la presenza di gravi patologie della coagulazione, tipo l’emofilia, che potrebbero portare alla formazione di ematomi intra-articolari.
Sono controindicate anche in caso di patologie neurologiche sistemiche,  presenza di neoplasie, donne in  gravidanza e se c'è la presenza di nuclei di ossificazione non ancora saldati (e questo esclude trattamenti in caso di bambini o adolescenti).
Come effetti collaterali si sono osservati alcuni casi di formazione di ecchimosi o petecchie in sede di applicazione soprattutto per alti dosaggi di energia.

sabato 25 febbraio 2017

Fascite plantare, cure



Esiste un insieme di trattamenti di semplice attuazione che combinati aiuteranno a risolvere il problema di una fastidiosa fascite plantare, la maggior parte potranno essere eseguiti tranquillamente a casa, la cosa importante però è la costanza con cui andranno applicati per fare il loro dovere.

Il riposo è la base per il trattamento ed è fondamentale per poter controllare al meglio l'infiammazione.





Per aiutare la guarigione ci sono alcuni semplici trattamenti che adesso andremo a vedere.


Generalmente questi accorgimenti portano al miglioramento entro 4-8 settimane, fondamentale è iniziare i trattamenti tempestivamente, non curare la patologia porterà alla cronicizzazione oltre a modificare il modo di appoggiare il piede per evitare o cercare di alleviare il dolore provocando nel lungo periodo danni e complicazioni alle ginocchia, al bacino e fino ad arrivare alla schiena.


Riposo


Per alleviare il dolore e l'infiammazione è consigliabile il riposo e la sospensione per qualche settimana degli allenamenti, oltre che evitare lunghe camminate o stazionare a lungo in piedi soprattutto su superfici rigide.

Il dolore non va ignorato perché può portare a una cronicizzazione della patologia rendendo molto più lunga la risoluzione e difficile il trattamento.


Ghiaccio



Applicare del ghiaccio per tre o quattro volte al giorno è utile perché attenua il dolore alla pianta del piede e al tallone. Un sacchetto del ghiaccio applicato alla zona si rivela in questo caso molto utile.


Farmaci Antinfiammatori

Per ridurre l'infiammazione vanno bene sia antiinfiammatori locali che assunti per via orale.
Esercizi di Allungamento
Fare esercizi di stretching servirà a distendere i tessuti favorendo la guarigione.


Plantari 

I plantari sono utili per alleggerire la pressione sulla zone infiammata diminuendone le sollecitazioni e il dolore alla pianta del piede. Grazie a questi plantari spesso si riuscirà a eseguire le normali mansioni senza provare dolore.

Tutori 




Uno dei sintomi maggiormente fastidiosi di una fascite plantare è il dolore appena si scende dal letto la mattina, causato da un rilassamento e accorciamento dei tessuti fibrosi. questi tutori, da utilizzare durante il sonno, aiutano a mantenere distesi i tessuti fibrosi che formano la volta plantare durante il riposo.


Una pratica che si è rivelata utile nel 75% dei casi è l'iniezione di cortisone, utile per ridurre l'infiammazione. Questa pratica però non è esente da rischi e può atrofizzare il cuscinetto adiposo che protegge il tallone e portare a un indebolimento generale della fascia plantare. Il medico potrebbe optare per questa tecnica nei casi in cui il dolore al tallone persista dopo mesi nonostante l'applicazione delle tecniche precedentemente elencate.


Altre terapie che si sono rivelate utili e efficaci per aumentare la velocità di rigenerazione dei legamenti sono gli ultrasuoni e le onde d'urto

Le onde d'urto provocano dei traumi all'interno della fascia plantare aumentando la capillarizzazione locale ed il metabolismo cellulare favorendo il processo di riparazione del tessuto.

Per mantenere i progressi raggiunti con le terapie è comunque necessario e consigliato continuare gli esercizi di stretching e allungamento e soprattutto scegliere calzature corrette per l'attività che si andrà a svolgere che dovranno essere in grado di sostenere al meglio il piede e avere una suola della giusta durezza, magari opportunamente corretta con l'inserzione di un plantare che protegga il tallone e esegua una funzione di riequilibrio della distribuzione dei carichi sulla pianta.


La chirurgia è l'ultima spiaggia, da utilizzare quando tutti i trattamenti precedenti si sono dimostrati inefficaci, come tutti gli interventi ci sono dei rischi.



Nel caso l'intervento abbia successo la ripresa delle attività sportive avviene generalmente dopo due o tre mesi di recupero.

Approfondimenti : https://www.facebook.com/staffMedicinaFisica/app/208195102528120/ 

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/fascite_plantare.html

Fascite plantare

Fascite Plantare cos'è e come trattarla

Quando ci si riferisce alla fascite plantare si parla di un problema che affligge circa il 10% della popolazione e che la maggior parte delle persone ne sperimenta almeno una volta nella vita i sintomi.

Questa della fascite plantare è uno dei problemi più diffusi e maggiormente trattati negli specialistici. La parte che viene colpita è il piede, causando dolore alla pianta del piede che generalmente si sviluppa come un dolore al tallone ma che si può estendere su tutta la pianta del piede e in base alla gravità propagarsi fino alle dita senza però coinvolgerle. Stiamo parlando di un'infiammazione che interessa la fascia plantare, un' insieme di fibre che si trova alla base della pianta del piede e unisce il tallone con l'estremità del piede.




La fascia plantare è fondamentale nei movimenti più comuni come la deambulazione, la corsa, i salti e ha lo scopo di trasmettere la spinta dai muscoli fino alla punta del piede per permettere il movimento. Essa si allunga e accorcia durante la deambulazione. Essendo una parte del corpo molto utilizzata è facile che si usuri e sia soggetta a infiammazioni. Le continue sollecitazioni sono infatti la causa dell'infiammazione della fascia plantare e più esse sono intense e più possono portare alla lesione delle fibre di cui è composta. Continui movimenti provocano delle microlesioni alle fibre e solitamente sono innocue ma dato il lungo tempo necessario per rigenerarsi, se a causa della ripetizione dei movimenti la quantità di fibre rotte aumenta, si ha lo sviluppo dell'infiammazione e la fascia si sfibra. Assume importanza anche li intensità della sollecitazione applicata, infatti, ad esempio un movimento come un salto applica grandi stiramenti alla fascia e può rompere molte più fibre rispetto a movimenti più leggeri come la deambulazione.

 Fatte queste premesse si capisce che le persone più soggette sono gli sportivi come i podisti che percorrono lunghe distanze, i calciatori, gli sport che prevedono salti e movimenti sulle punte come la danza classica. Anche le persone che non fanno queste attività possono comunque essere interessate, infatti lavori molto attivi o che necessitano di passare molto tempo in piedi possono portare all'infiammazione della fascia plantare. Anche l'obesità è una causa, questo perché tutto il peso in eccesso va a applicare una forza sul piede. 

E' consigliato utilizzare calzature adeguate al tipo di attività che si ha intenzione di svolgere, infatti scarpe che non sostengono bene il piede, che hanno una suola troppo dura o morbida o che sono delle dimensioni sbagliate, troppo strette o troppo larghe, possono portare a problemi di infiammazione. Solitamente i sintomi principali sono dolore al tallone e alla pianta del piede che compare soprattutto al risveglio, quando si muovono i primi passi scendendo dal letto, oppure dopo lunghi periodi di inattività in cui si rimane a lungo seduti o sdraiati. Il motivo è che in questi casi la fascia si rilassa e si accorcia e nel momento in cui andiamo a utilizzarla, non essendo elastica come al solito, farà fatica ad allungarsi durante i passi e questo porterà al dolore. Dopo i primi passi però la fascia inizia a lasciarsi andare riprendendo la sue elasticità, per questo motivo si avrà un alleviamento del dolore. Il dolore solitamente scompare durante l'attività fisica per poi ricomparire al termine di essa e a fine giornata o dopo una lunga camminata. anche se il dolore scompare durante l'esercizio, è comunque consigliato stare a riposo e eseguire attività alternative perché la situazione potrebbe peggiorare fino ad arrivare alla completa rottura della fascia che solitamente è avvertibile come un rumore simile a uno schiocco e un immediato e molto intenso dolore che impedisce di continuare qualsiasi attività che era in corso.


 La diagnosi della fascite plantare avviene tramite visita da uno specialista che valuterà l'anamnesi del paziente tramite domande e palperà la zona per trovare più precisamente la zona interessata e se è presente del gonfiore. Farà poi eseguire dei semplici movimenti per verificare la funzionalità del piede. Solitamente questo tipo di analisi è sufficiente, ma in alcuni casi potrebbe essere richiesta una radiografia o TAC per escludere altre patologie.


 IL trattamento prevede riposo, applicazione di ghiaccio per ridurre il gonfiore, alcuni tipi di massaggi possono essere utili per alleviare il dolore, questo nei casi più lievi. Se la patologia è di carattere più acuto sarà lo specialista a guidarvi verso le metodologie di cura più adatte per la guarigione e sugli esercizi utili per recuperare. E' importante non prendere alla leggera la malattia perché si allungherebbero i tempi di guarigione e potrebbe degenerare fino alla completa rottura della fascia o alla formazione di una spina calcaneare.

terapia e dolore nelle onde d'urto

terapia onde d'urto
Terapia onde d'urto


Dopo un inizio in cui  le terapie onde d'urto seguendo normative sulla salute venivano utilizzate in sostituzione alla chirurgia nella rimozione dei calcoli renali, grazie ad alcune osservazioni effettuate nei soggetti trattati, si ipotizzò che potessero essere utilizzate anche in altre patologie.

In particolare si notò come le onde d'urto potessero essere di aiuto per favorire la riparazione e la consolidazione delle fratture e come accelerassero e favorissero i processi di guarigione nei tessuti come i tendini.

onde d'urto fanno maleL'onda d'urto fisicamente è composta da un'onda acustica con una forma particolare; essa presenta un fronte di salita molto ripido e veloce e un fronte di discesa leggermente più lento ma comunque molto rapido. Quello che si crea è uno spike, che è essenzialmente un impulso che è in grado di trasportare una grande quantità di energia.

Quest'onda creata viene poi convogliata attraverso la pelle e raggiunge la zona da trattare; La quantità di energia varia in base al trattamento necessario me comunque, secondo alcuni standard, non può superare determinate soglie.

Le onde d'urto sono fanno male
Generalmente durante un applicazione, il paziente sente un fastidio o lieve dolore ma molto sopportabile. La dolorosità delle onde d'urto è comunque proporzionale alla zona in cui vengono applicate e al tipo di trattamento che viene eseguito non che alla quantità di energia che viene utilizzata. In alcune parti del corpo e soprattutto per risolvere alcune patologie, le onde d'urto possono risultare molto dolorose e per questo in alcuni casi si ricorre a lievi anestesie.


I vantaggi delle onde d'urto sono:
La possibilità di sostituire la chirurgia in molte patologie e il vantaggio di non essere invasive.
-solitamente necessitano di solo 3 o 4 cicli di applicazione per fornire i benefici
Le onde d'urto hanno pochissime controindicazioni o effetti collaterali e spesso, in caso di effetti collaterali, questi sono di una rilevanza bassissimi e si risolvono da soli.

Chi può applicarle?
Le la terapia a onde d'urto può essere eseguita solamente da personale specializzato, come fisiatri o ortopedici, però viene eseguita semplicemente nello studio medico.



dopo quanto si vedranno i benefici

I benefici derivanti da questo trattamento possono anche comparire già dalle prime applicazioni, però solitamente sono necessarie alcune settimane di tempo prima di notare dei miglioramenti, questo perché il principio delle onde si basa sulla creazione di processi biologici che impiegano del tempo prima di innescarsi completamente.




Controindicazioni

Fino ad ora, le controindicazioni sull'utilizzo delle onde d'urto sono assai ridotte, le uniche sono la presenza di gravi patologie della coagulazione come l'emofilia, questo perché potrebbero portare alla formazione di ematomi intraarticolari. Esistono altre altre controindicazioni legate a patologie neurologiche sistematiche, la presenza di neoplasie e è sconsigliato l'utilizzo in done in gravidanza e nei giovani che non hanno ancora raggiunto la maggior età perché i loro nuclei di ossificazione non sono ancora saldati

Come effetti collaterali si sono osservati alcuni casi di formazione di ecchimosi 

lunedì 6 febbraio 2017

Plessi nervosi

Articolo sui plessi nervosi

Termine del linguaggio anatomico impiegato per indicare un raggruppamento di nervi o di vasi sanguigni, tra loro strettamente intrecciati a formare come un reticolo.Dei plessi nervosi rivestono una particolare importanza nell’uomo quelli formati dai nervi spinali 



  • dalle radici C5-T1 il PLESSO BRACHIALE

Astrociti: costituiscono circa il 90% del tessuto del SNC. Hanno una forma a stella. Funzioni più comuni: -rete di sostegno per il SN -con i pedicelli formano insieme allendotelio dei capillari la BARRIERA EMATOENCEFALICA,

 RAMI ANTERIORI dei nervi spinali:
  • danno origine ai PLESSI:
  • dalle radici C1-C4 origina il PLESSO CERVICALE

  • dalle radici L1-S4 il PLESSO LOMBOSACRALE
  • PLESSO CERVICALE
  • PLESSO BRACHIALE

MOTONEURONI BETA Sito: base del corno anteriore e corno laterale (regione TI e LII) Neuroni simpatici e parasimpatici ed appartengono al sistema nervoso SIMPATICO. Assoni mielinici (ramo bianco) Fuoriescono dalla RADICE ANTERIORE del nervo spinale ma abbandonano presto il nervo spinale per raggiungere i GANGLI PERIFERICI (SIMPATICI).

E’ situato tra i muscoli scaleni del collo. I suoi rami di uscita, tutti somatici, innervano la pelle e muscoli. I rami cutanei prelevano la sensibilità esterocettiva delle regioni del collo (comprese l'occipitale e la mastoidea), della spalla e della parte superiore del torace. 

Un ganglio è un cluster delle cellule nervose trovate nel sistema nervoso periferico. Le celle che sono specifiche ad un ganglio sono chiamate celle del ganglio.